Cos’è la cimice asiatica? Come è possibile riconoscerla? Quali danni provoca

A cura di Giuseppe Marrone

L’Halyomorpha halys (H.h.) appartiene all’ordine dei Rincoti (Rhynchota o Hemiptera), sottordine Heteroptera e famiglia Pentatomidae. È un insetto fitofago con apparato boccale di tipo pungente-succhiante. Ha grandi dimensioni (da 1,2 a 1,7 cm) e presenta un colore marmorizzato grigio-marrone. Le ali anteriori sono composte da una parte dura e coriacea e da una parte apicale membranosa, che presenta delle striature; le ali posteriori sono sempre membranose. È una specie molto polifaga: mangia quindi di tutto dalle frutticole (pesco, ciliegio, susino, nespolo, albicocco, melo, pero, nocciolo, vite, olivo, arancio, mandarino, etc…) alle arbustive (lampone, mirtillo, etc…), passando per le orticole (peperone, melanzana, pomodoro, etc…) e le estensive (soia, sorgo, mais, etc…)

La “cimice marmorata asiatica” arriva dalla Cina ed è particolarmente pericolosa per l’agricoltura perché prolifica con il deposito delle uova almeno due volte all’anno con 300-400 esemplari alla volta che con le punture rovinano i frutti rendendoli inutilizzabili e compromettendo seriamente parte del raccolto.

Gli insetticidi per Cimice asiatica, oltre ad essere poco efficaci in se (nessuno dei prodotti disponibili provoca mortalità al 100%), non offrono soluzioni valide a causa del comportamento e della biologia di questo insetto, che è estremamente mobile (gli adulti possono volare in media 2 km al giorno ma ci sono alcuni che arrivano a 116 km) ed estremamente polifago (per cui si sposta continuamente tra frutteto, siepe, altre colture – leguminose, mais, nocciolo, ecc). A causa di questo insieme di fattori gli agricoltori tendono a moltiplicare gli interventi usando prodotti ad ampio spettro, col risultato estremamente negativo d’interferire anche con tutti gli altri insetti non bersaglio (in particolare gli impollinatori ed i predatori e parassitoidi di altri insetti fitofagi). Andando avanti di questo passo, addio difesa integrata e peggioramento della salute degli ecosistemi (e anche nostra). Altre strategie come l’uso di ‘repellenti’ a base di aglio o caolino fino ad ora non hanno dato risultati chiari e sono ancora in fase di sperimentazione seria (con la cimice asiatica sono spuntati a decine dei millantatori di efficacia di prodotti vari ma non c’è nessuna evidenza scientifica a supporto!).

Laddove praticabile, il mezzo sicuramente più efficace è la prevenzione tramite l’utilizzo di reti multifunzionali (monoblocco, anche combinando reti antigrandine a reti perimetrali) che vanno chiuse subito dopo l’impollinazione. Diverse regioni del Nord Italia hanno previsto incentivi in questo senso. Diversi anni di sperimentazione di questa tecnica, detta Ipm-Cpr, sia negli Usa su pesco che nel modenese su pero hanno dimostrato che in questo modo è possibile risparmiare fino al 40% del costo dei trattamenti senza riscontrare perdite di produzione e salvaguardando al contempo l’entomofauna utile e l’uso di altre pratiche di difesa integrata per altri pest (confusione sessuale, uso di virus e altri entomopatogeni)”.

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