Quando su un terreno si ha un uso civico?

Esiste in Regione l’Ufficio Usi Civici. Perciò la prima cosa da fare è richiedere alla Regione – Ufficio Usi civici un certificato, ove si attesti se un bene è gravato da uso civico o è un bene “allodiale”.

Il termine “allodio” (parola di origine germanica avente il significato di “pieno possesso”) era utilizzato per indicare un terreno di piena e libera proprietà privata, non soggetto ad oneri; in antitesi al termine “feudo” (o beneficio feudale), che stava ad indicare la terra posseduta dal vassallo su concessione di un signore, con l’onere di prestazioni di carattere reale o personale (fedeltà, vassallaggio, obbligo di offrire le proprie armi a difesa del signore).

Sul terreno allodiale non vi erano usi civici (in specie di pascolo).

La materia degli “usi civici” è attualmente disciplinata dalla Legge 16/06/1927 n.1766 (riordinamento degli usi civici nel Regno) e dal relativo Regolamento esecutivo (R.D. 26/02/1928 n.332), emanati con la finalità di liquidazione generale degli usi civici, previo accertamento circa la loro esistenza, affidato alla competenza del Commissario agli usi civici.

A tal uopo, gli usi civici erano distinti in:

A) usi civici su terre private;

B) usi civici su terreni della collettività.

A.     Per quanto riguarda gli usi civici su terre private, tali usi dovevano venire liquidati in due modi: o con liquidazione a scorporo (ossia dal terreno posseduto da un soggetto si distaccava una porzione che restava al possessore libera dagli usi civici; mentre altra porzione veniva trasferita al Comune, il che avveniva a compensazione del cessato diritto di uso civico sull’altra restante porzione), o istituendo a carico del privato possessore ed a favore del Comune un canone compensativo (cioè in compensazione del cessato diritto di uso civico da parte della collettività).

Per questi terreni di proprietà privata gravati dal canone, non vi è alcun vincolo di incommerciabilità. La vendita è possibile e lecita, ma resta il vincolo del canone, sicché il terreno deve ritenersi libero da uso civico solo dopo l’affrancazione del canone.

B.      Per quanto riguarda gli usi civici su terreni di dominio della collettività, la legge dispose che si dovessero distinguere due categorie:

a)       terreni utilizzabili come bosco o pascolo. In tali terre l’uso civico era destinato a durare in perpetuo;

b)      terreni utilizzabili a coltura agraria. Tali terreni erano destinati ad essere “quotizzati”, cioè ripartiti in quote da assegnare a famiglie di coltivatori diretti del Comune, a titolo di enfiteusi, con obbligo di migliorie e del pagamento di un canone; canone che poteva essere affrancato. Il terreno diveniva di proprietà privata soltanto dopo l’affrancazione del canone.

Tanto premesso, si comprende l’importanza del provvedimento amministrativo riguardante “l’assegnazione a categoria” (come bosco o pascolo o come terreno agricolo). Tale provvedimento era un tempo di competenza del Commissario agli usi civici ed oggi della Regione.

Prima del provvedimento di assegnazione, il terreno deve ritenersi come appartenente alla collettività, deve cioè considerarsi come demaniale e per ciò stesso inalienabile (a pena di nullità) e non usucapibile; insomma il terreno deve ritenersi incommerciabile tranne che la Regione non dia un’autorizzazione amministrativa per la alienazione o per variarne la destinazione; autorizzazione che deve essere preventiva, in difetto della quale l’atto è radicalmente nullo.

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